#BAYSANTO – Ora ci venderanno il veleno e gli antidoti
Nel Settembre 2016, il colosso chimico tedesco Bayer annunciò il proprio progetto di acquisizione della Monsanto, la compagnia produttrice del Roundup (l’erbicida più utilizzato al mondo, il cui principio attivo è il glifosato) e dell’unica coltura OGM autorizzata per la coltivazione in Europa (il mais MON 810). La Commissione, la cui approvazione preventiva è obbligatoria per questo tipo di operazione, ha appena dato il via libera all’acquisto nonostante la Direzione generale per la Concorrenza della Commissione europea abbia indicato, nelle sue osservazioni preliminari dell’Agosto 2017, una lista impressionante di rischi e problemi legati a questa operazione.
Ecco cosa ne pensa la nostra Michèle Rivasi, Membro della Commissione Ambiente, Sanità pubblica e Sicurezza alimentare, nonché della Commissione speciale sulle procedure d’autorizzazione dei pesticidi:
“L’eccessiva concentrazione di diversi mercati, la definitiva messa sotto tutela degli agricoltori intrappolati tra prezzi ridicoli ed il costo crescente degli input agricoli, la riduzione della diversità delle sementi, la dipendenza dagli input fitosanitari e dalle biotecnologie, la concentrazione fiscale dei grandi fondi d’investimento in seno al capitale delle due compagnie ed alla manovra nella fusione, la possibile eliminazione della responsabilità giuridica di Monsanto nel campo di svariati procedimenti legali…
Ecco solo alcune delle motivazioni che la Commissione europea avrebbe potuto invocare per opporsi a questo merger, le quali però evidentemente non sono state sufficienti fronte ai due colossi della distruzione di massa dell’ambiente e della salute”.
Segue la reazione di José Bové, membro della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo:
“Questa fusione è resa ancor più cinica ed amara dal fatto che, con l’acquisizione di Monsanto, la Bayer diventerà contemporaneamente il più grande attore europeo sia nel settore dei prodotti agrochimici sia nel settore medicinale / farmaceutico. La Commissione europea, dunque, impegna i cittadini europei (come d’altronde il resto del pianeta) ad un mondo quasi-Orwelliano: dalla culla alla tomba, coloro che ci avvelenano ci venderanno anche gli antidoti per guarire”.
UN PO’ DI STORIA
La notizia della fusione è stata accolta con grande delusione dai cittadini europei, i quali negli ultimi anni hanno espresso il proprio dissenso (non soltanto riguardo la fusione, ma anche ad altre normative effettivamente atte ad incoraggiare la proliferazione del modello agrochimico industriale) in svariati modi: con il Tribunale Popolare Internazionale a Monsanto e l’Assemblea dei Popoli che si tennero a L’Aia nell’Ottobre 2016; attraverso l’Iniziativa dei Cittadini Europei per bandire il glifosato, le relative udienze pubbliche al Parlamento europeo e le manifestazioni da parte della società civile che ne hanno conseguito; ed attraverso sondaggi d’opinione pan-europei, che hanno dimostrato quanto la maggioranza dei cittadini si opponga alla proliferazione dei colossi agrochimici tanto nel nostro sistema alimentare quanto nella nostra economia.
A deludere i cittadini è stato, nel complesso, l’approccio “a compartimenti stagni” delle istituzioni europee ad una questione talmente complessa e spinosa, senza alcuna cura di tutte le istanze d’opposizione cittadina degli ultimi anni. La stessa Commissaria UE alla Competizione, Margrethe Vestager, nella conferenza stampa per annunciare l’approvazione del merger tenuta stamattina in Commissione UE, ha tenuto a specificare che “Il mandato della Commissione, come sancito nelle norme Europee di gestione delle fusioni, é quello di valutare il merger esclusivamente da una prospettiva di competizione. (…) Altre preoccupazioni, avanzate dai firmatari di petizioni, riguardano normative sia europee che nazionali per la protezione della sicurezza alimentare, dei consumatori, dell’ambiente e del clima. Sebbene queste preoccupazioni siano di grande importanza, non possono formare la base della valutazione di un merger”.
Sebbene la Commissione abbia appurato che la competizione europea non verrebbe negativamente impattata dal merger, fatto che ne giustifica l’autorizzazione, le reali conseguenze di tale fusione andranno al di là della semplice competizione tra compagnie agrochimiche. Le preoccupazioni di migliaia di piccoli e medi agricoltori, oltre che di consumatori, permangono; come permarranno ripercussioni negative causate dal merger, che nonostante non siano ritenute elementi degni di considerazione nel processo di valutazione ed approvazione della fusione, sono tuttavia sempre elementi concreti della vita reale delle parti direttamente interessate.
In primis, si pensi all’impatto ambientale del futuro merger, con un aumento della proliferazione di varietà OGM ed un probabile sostanziale aumento dell’impiego di prodotti fitosanitari, anche all’infuori delle colture geneticamente modificate. Ne consegue anche l’impatto sulla salute pubblica (si vedano, ad esempio, gli effetti dei pesticidi neonicotinoidi sull’uomo e sulla fauna). Da una prospettiva più prettamente economica, il merger avrà l’impatto di consolidare ancora di più il mercato di semi e prodotti fitosanitari, lasciando i piccoli e medi agricoltori (la maggioranza in UE) schiacciati in balìa di prezzi sempre più alti e profitti sempre più bassi; l’altra faccia della medaglia di questo fenomeno sarà l’impatto sui prezzi per i consumatori. Per far si’ che i prezzi rimangano accessibili per questi ultimi, gli agricoltori dovranno risparmiare sugli input, con il risultato che a risentirne sarà la qualità degli alimenti prodotti, e di conseguenza anche la salute del consumatore.
Un’altra fondamentale conseguenza del merger, in termini di concentrazione del mercato, riguarda il ruolo del Big Data in agricoltura: una nuova frontiera, ancora poco conosciuta e ancor meno regolamentata. L’utilizzo della raccolta di data in agricoltura svolgerà un enorme ruolo di automatizzazione nel settore, andando ad erodere i sistemi di conoscenza, produzione e scambio contadino in auge da secoli e fondamentali per il mantenimento di un sano tessuto sociale, agrario ed alimentare. Non conoscendo ancora il potenziale positivo o negativo dell’implementazione di massa di tale tecnologia, un approccio precauzionale sarebbe più indicato.
Stupisce quanto le istituzioni europee abbiano fallito nel presentare una risposta olistica e multisettoriale ad una delle questioni che definiranno il nostro futuro per generazioni a venire.