FAQ sulle esportazioni di armi dell'UE
Pubblicato da VERDI/ALERedatto con il supporto di SaferGlobe
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Cosa considera "armi" l’UE?
L’Elenco comune delle attrezzature militari è un elenco completo che disciplina ciò che l’UE considera “armi”. L’elenco è costituito da 22 categorie comprendenti armi e munizioni, veicoli, navi e aerei e altre attrezzature progettate per uso militare, inclusi software e tecnologia.
Questo elenco viene aggiornato regolarmente dal Consiglio europeo per riflettere i cambiamenti nell’industria degli armamenti. L’ultimo aggiornamento è stato adottato nel febbraio 2020.
L’UE ha anche un elenco di prodotti a duplice uso, vale a dire beni tecnologici che possono essere utilizzati sia per scopi civili che militari. Questi prodotti a duplice uso comprendono, per esempio, materiale nucleare, sensori, laser, computer e software.
Molti Paesi dell’UE controllano anche le armi esportate per scopi civili, quali ad esempio la caccia e gli sport.
L’UE ha inoltre vietato l’esportazione e l’importazione di merci utilizzate per la pena di morte, per la tortura o altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti. Per l’esportazione dall’UE di merci che potrebbero essere usate per la tortura o altre forme di maltrattamento occorre un’autorizzazione (Regolamento (CE) n. 1236/2005).
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Quale quota delle esportazioni mondiali di armi è attribuita agli Stati membri dell’UE?
Secondo l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (SIPRI), nel periodo 2000-2020, i 27 attuali Stati membri dell’UE hanno esportato circa un quarto (24%) delle esportazioni totali di armi nel mondo. Nel periodo 2015-2019, gli Stati membri dell’UE hanno concesso licenze di esportazione per un valore di da 138 a 196 miliardi di euro l’anno, ma solo una piccolissima parte delle licenze concesse ha portato a esportazioni attualizzate.
Tra i 25 principali esportatori di armi nel periodo 2016-2020, erano annoverati otto Paesi dell’UE: Francia (terza posizione), Germania (quarta posizione), Spagna (settima posizione), Italia (decima posizione), Paesi Bassi (undicesima posizione), Svezia (quindicesima posizione), Repubblica Ceca (ventitreesima posizione) e Portogallo (venticinquesima posizione).
Il 70% circa delle licenze per l’esportazione di armi rilasciate dai Paesi dell’UE sono per destinazioni in Paesi terzi. Il 25% circa del commercio di armi avviene tra Stati membri dell’UE e un ulteriore 5% tra partner NATO non in Europa quali ad esempio Norvegia, Islanda e Canada. Queste cifre oscillano notevolmente ogni anno (cfr. Tabella 1).
Tabella 1: Valore e percentuale delle licenze di esportazione dell’UE verso Stati membri e Paesi terzi per il periodo 2003-2019
Anno |
Valore totale |
Licenze |
Ambito |
Licenze |
UE verso |
2003 |
28,4 € |
9,2 € |
32,3% |
19,2 € |
67,7% |
2004 |
26,2 € |
9,7 € |
36,9% |
16,6 € |
63,1% |
2005 |
26,2 € |
9,6 € |
36,6% |
16,6 € |
63,4% |
2006 |
27,4 € |
10,1 € |
36,7% |
17,4 € |
63,3% |
2007 |
27,1 € |
10,7 € |
39,4% |
16,4 € |
60,6% |
2008 |
33,4 € |
10,6 € |
31,9% |
22,8 € |
68,1% |
2009 |
40,1 € |
13,4 € |
33,3% |
26,8 € |
66,7% |
2010 |
31,7 € |
9,0 € |
28,3% |
22,7 € |
71,7% |
2011 |
37,5 € |
14,5 € |
38,6% |
23,0 € |
61,4% |
2012 |
39,3 € |
12,5 € |
31,9% |
26,8 € |
68,1% |
2013 |
36,5 € |
10,7 € |
29,4% |
25,8 € |
70,6% |
2014* |
98,4 € |
15,4 € |
15,7% |
83,0 € |
84,3% |
2015 |
195,7 € |
29,5 € |
15,0% |
166,3 € |
85,0% |
2016 |
191,5 € |
30,6 € |
16,0% |
160,9 € |
84,0% |
2017 |
156,2 € |
38,8 € |
24,8% |
117,4 € |
75,2% |
2018 |
169,1 € |
34,5 € |
20,4% |
134,5 € |
79,6% |
2019 |
137,8 € |
33,4 € |
24,2% |
104,4 € |
75,8% |
Questa tabella è stata compilata da SaferGlobe 2021 utilizzando dati del database ENAAT delle esportazioni.
* Il notevole aumento di valore delle licenze di esportazione rilasciate nel 2013 e nel 2014 si spiega in parte con un cambiamento nel sistema di rilascio delle licenze francese. Dal 2014, la Francia ha iniziato a concedere licenze in una fase iniziale del processo negoziale, il che comporta licenze di valore più elevato per garantire un adeguato spazio per i negoziati, che potrebbe non essere stato usato.
Le esportazioni per gli ultimi cinque anni di riferimento vengono mostrati con la distribuzione nelle diverse aree geografiche nella Figura 1, che mostra la portata globale del commercio di armi in Europa.
Figura 1: Distribuzione delle licenze di esportazione dall’UE per valore verso le diverse regioni
Figura creata da SaferGlobe 2021 in base al database ENAAT delle esportazioni.
Note:
- La Brexit ha ridotto le esportazioni di armi dell’UE, poiché il Regno Unito è un grande esportatore di armamenti (solitamente occupa la sesta posizione nell’elenco globale degli esportatori con una quota del 3% circa).
- Le esportazioni di armi sono caratterizzate da enormi oscillazioni annue; quindi, l’analisi in genere usa diversi anni mitigando in tal modo l’effetto sulle tendenze di esportazioni individuali di ingenti quantitativi.
- Oltre all’entità delle esportazioni, è indispensabile prendere in considerazione la loro natura. A differenza dei sistemi d’arma più grandi, che sono quasi esclusivamente esportati a forze armate statali per essere utilizzate nei conflitti, le armi più piccole possono essere trasportate e rubate più facilmente.
- I dati sulle esportazioni di armi si basano sulle licenze rilasciate e non sulle esportazioni attualizzate. I dati sulle esportazioni attualizzate in genere non vengono raccolti o non sono disponibili, poiché rientrano nella sfera del segreto commerciale e aggiungerebbero un ulteriore livello di burocrazia non verificabile.
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Perché gli Stati membri dell’UE producono ed esportano armi? Dove posso trovare informazioni dettagliate sulle esportazioni UE di armi?
L’industria europea degli armamenti fu creata per soddisfare le esigenze della difesa europea e per garantire l’autosufficienza per quanto concerne il materiale militare. Molte aziende sono interamente o parzialmente di proprietà dello Stato e hanno stretti legami con l’esercito. Le esportazioni di attrezzature militari possono contribuire alla sicurezza delle forniture militari all’interno degli Stati membri dell’UE.
I rappresentanti di settore spesso notano che le opportunità di mercato in Europa sono limitate, e quindi l’esportazione di beni è ritenuta necessaria per sostenere l’industria europea della difesa e la sua competitività globale. Si è anche sostenuto che l’esportazione dei prodotti (da aziende statali operanti nel settore degli armamenti) allevia le pressioni di crescita sui budget per la difesa nazionale e rende più economico il mantenimento dei sistemi d’arma.
L’industria degli armamenti ha un enorme valore economico. Gli armamenti sono costosi, spesso ad alto contenuto tecnologico e contribuiscono al PIL complessivo di un Paese. Secondo la Aerospace and Defence Industries Association of Europe, il valore dell’industria europea della difesa nel 2019 ammontava a 116 miliardi di EUR; essa occupava 440.000 addetti.
L’industria degli armamenti è molto redditizia e ha mostrato una crescita robusta e costante a prescindere dalle variabili di mercato. Tuttavia, in questo settore si registra a livello globale una maggiore concorrenza.
L’esportazione di armamenti potrebbe sostenere la creazione di altre possibilità di esportazioni e, in generale, migliorare le relazioni estere con i Paesi destinatari in oggetto.
Informazioni più dettagliate sulle esportazioni UE di armamenti: sul sito web dello European External Action Service si trovano innumerevoli informazioni , tra cui la relazione annuale sulle esportazioni UE di armamenti.
La relazione annuale contiene un elenco esaustivo dei siti web delle autorità nazionali che forniscono informazioni sulle proprie attività di esportazione.
- Dati più dettagliati sulle esportazioni di armamenti sono disponibili in un database online fornito dallo European External Action Service (nell’angolo in alto a destra, cambiare foglio; oppure usare il pulsante Analyse in alto al centro e scegliere Insights).
- Lo EU Export Data Browser di Campaign Against Arms Trade mostra gli stessi dati UE.
- SIPRI ha raccolto relazioni nazionali sulle esportazioni di armamenti e dispone delle informazioni più dettagliate disponibili di ciascun Paese.
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Chi sovrintende a tutti gli armamenti che lasciano l’UE? Quali sono i principali strumenti che disciplinano le esportazioni di armamenti dagli Stati membri dell’UE?
Ciascuno Stato membro dell’UE è tenuto a controllare le proprie esportazioni di armamenti. In pratica, le autorità doganali in genere svolgono un’attività di sorveglianza per verificare che gli armamenti esportati coincidano con quelli per cui è stata rilasciata la licenza di esportazione, che potrebbe essere stata rilasciata da autorità diverse.
Tutte le esportazioni europee, comunque, sono disciplinate dalla (i) Posizione comune del Consiglio, dagli (ii) embarghi sulle armi imposti dalla stessa UE, dall'ONU o da altre organizzazioni, e dal (iii) Trattato sul commercio delle armi, ratificato da tutti gli Stati membri dell’UE. Le esportazioni di armi sono anche disciplinate dalla normativa nazionale di ciascuno Stato membro. Il Quadro legislativo è ben consolidato e accettato da tutti gli Stati membri.
La Posizione comune dell’UE sulle esportazioni di armi impone agli Stati membri di considerare in che modo le esportazioni di armi potrebbero essere usate secondo otto principi comuni. Tra questi, per esempio, l’impatto che una data esportazione può avere sui diritti umani e sul mantenimento della pace e della stabilità. Ciascuno Stato membro può decidere come organizzare l’attività di rilascio delle licenze e come interpretare la Posizione comune dell’UE. In altre parole, i Paesi dell’UE hanno norme e obiettivi comuni ma 27 attuazioni diverse. Lo scambio di informazioni e la consultazione tra Stati membri all’interno del Gruppo di lavoro “Esportazioni di armi convenzionali” del Consiglio (COARM) supporta il coordinamento del controllo degli armamenti, ma in pratica la divergenza è abissale.
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In che modo i Paesi che vendono armi ai belligeranti e quelli che commettono gravi violazioni dei diritti umani riescono a farla franca? Quali sono le principali sfide del sistema attuale?
Gli Stati membri prendono la decisione finale in merito al rilascio di licenze per l’esportazione di armi. Al momento non esiste un meccanismo sanzionatorio, né un meccanismo di altro tipo a livello dell’UE, per intervenire nelle decisioni prese in merito a tali licenze.[1] Il Parlamento europeo è stato attivo nel chiedere un controllo delle armi più rigoroso, ma tali richieste non sono state ascoltate.
I sistemi per il controllo delle armi possono essere complicati e poco trasparenti. Ciò rende difficile stabilire se una decisione di interrompere le vendite di armi coincide con l’aver fermato il rilascio delle licenze, se le vendite di attrezzature di armamenti militari sono state interrotte, se le vendite di armamenti sono state completamente interrotte oppure se non sono state adottate delle misure concrete.[2] Tra le sfide è possibile annoverare:
- scarso coordinamento tra le diverse autorità
- scarsa trasparenza delle decisioni prese
- le autorità preposte al rilascio delle licenze sono sottofinanziate
- assenza di un controllo democratico e di controlli delle esportazioni.
Inoltre, le licenze di esportazione possono essere concesse per lunghi periodi di tempo. Interrompere il rilascio delle licenze di esportazione non equivale a interrompere le esportazioni di armi, poiché sarà comunque possibile venderle in funzione delle licenze già rilasciate. La sospensione o la revoca delle licenze è un fatto raro, poiché tali misure danneggiano l’industria degli armamenti e la sua affidabilità quale partner commerciale.
Le esportazioni di armi dagli Stati membri dell’UE verso il Medio Oriente destano particolari preoccupazioni. Parecchi Paesi del Medio Oriente sono i principali importatori di armi al mondo e si riforniscono anche in Europa.
Gli Stati membri dell’UE hanno continuato ad armare l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, nonostante tali Paesi partecipassero attivamente alla guerra nello Yemen. Secondo le Nazioni Unite, nello Yemen la coalizione guidata dal governo saudita ha bombardato centri abitati provocando la morte di molti civili, violando il diritto internazionale umanitario. Nel 2020, il gruppo di esperti di chiara fama sullo Yemen ha scoperto che “i belligeranti continuano a non mostrare alcun riguardo per il diritto internazionale o per le vite, la dignità e i diritti della popolazione yemenita, mentre alcuni Paesi terzi hanno contributo al perpetuare del conflitto continuando a fornire armi alle parti coinvolte”.
Oltre ad armare direttamente le parti belligeranti, gli Stati membri dell’UE hanno esportato armi in Paesi che a loro volta le hanno esportate nelle zone teatro di guerra. La Balkan Investigative Reporting Network (BIRN) e l’Organized Crime and Corruption Reporting Project (OCCRP), ad esempio, affermano che nel periodo 2011-2016 armi per un valore di 1,2 miliardi di EUR sono state fornite alle parti belligeranti in Siria, Yemen e Libia, poiché alcuni Paesi dell’Europa centrale e orientale – tra cui Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania – hanno esportato armi per un valore di 1,2 miliardi di EUR in Arabia Saudita, Turchia ed Emirati Arabi Uniti . Da lì, le armi molto probabilmente hanno proseguito il loro viaggio verso i campi di battaglia di Siria, Yemen e Libia.
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Il controllo delle esportazioni di armi UE può avvenire attraverso la disposizione di un embargo sulle armi nei confronti di un determinato Paese. Con quale frequenza l’UE ha disposto degli embarghi sulle armi? Hanno interrotto le esportazioni di armi verso i Paesi sottoposti a embargo?
L’UE ha disposto degli embarghi sulle armi e ha aderito a quelli disposti dalle Nazioni Unite. Dal 1986 ad oggi, l’UE ha disposto 39 embarghi; venti di loro sono attualmente in vigore, tra cui gli embarghi nei confronti di Cina, Yemen, Corea del Nord, Siria e Russia. Oltre che nei confronti di determinati Paesi, un embargo può essere imposto anche ad attori non statali come ad esempio Al-Qaeda.
Gli effetti di un embargo sulle armi possono variare notevolmente tra loro. Alcuni embarghi sono legalmente vincolanti, altri invece no. Alcuni embarghi riguardano esclusivamente alcuni prodotti (ad esempio i prodotti utilizzabili per la repressione interna), altri riguardano tutte le categorie merceologiche, altri ancora non specificano quali siano i prodotti sottoposti ad embargo. In alcune occasioni, il numero delle licenze rilasciate crolla al momento della disposizione dell’embargo, come è avvenuto per Russia, Libia e Bielorussia. Tuttavia, l’Egitto offre un esempio opposto: l’embargo non è legalmente vincolante e le esportazioni verso l'Egitto sono aumentate notevolmente dopo la disposizione dell’embargo.
Maggiori informazioni sono disponibili sulla mappa interattiva delle sanzioni UE.
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Il rafforzamento del ruolo dell’UE nel controllo delle esportazioni di armi quali vantaggi apporterebbe?
Il vantaggio principale consisterebbe nel fatto che gli Stati membri dell’UE sarebbero meno in grado di contravvenire alle proprie norme sulle esportazioni di armi. Inoltre, rafforzerebbe la cooperazione e l’omogeneità all’interno dell’Unione europea.
Sul piano politico, un controllo delle esportazioni di armi più rigoroso incrementerebbe la capacità dell’UE di agire con fermezza qualora fosse necessario. Una normativa analoga sosterrebbe l’Unione europea della difesa. Imprimerebbe altresì un nuovo slancio alla Posizione comune dell’UE e ai valori europei condivisi racchiusi in essa.
L’aumento della spesa per la difesa in Europa e il crescente numero di partnership europee nell’industria degli armamenti dovrebbero essere accompagnati da migliori meccanismi di controllo sulle armi a livello europeo. Ciò ridurrebbe gli impegni burocratici e i potenziali conflitti, garantendo dei processi totalmente congiunti, in cui la ri-segmentazione in processi nazionali è superflua. Accrescere il ruolo dell’UE nel controllo delle armi uniformerebbe le condizioni del settore in Europa; pertanto, un sistema di rilascio delle licenze meno rigido in un Paese non creerebbe un vantaggio competitivo per chi ne beneficia. Un controllo delle armi più rigoroso probabilmente rafforzerà anche il mercato interno di attrezzature militari e per la difesa.
La partecipazione dell’UE al controllo delle esportazioni di armi offrirebbe ulteriore trasparenza e controllo, lasciando meno spazio alla corruzione, poiché è molto improbabile che i forti incentivi finanziari per controlli sulle armi poco rigorosi che potrebbero esistere negli Stati membri EU siano condivisi dall’UE.
Un controllo delle armi più rigoroso aumenterebbe anche la coerenza delle politiche. Attualmente, l’ottimo lavoro svolto dai settori dell’UE che si occupano di gestione delle crisi, costruzione della pace e sviluppo per creare un mondo più stabile viene rapidamente annullato dal commercio di armi.
Inoltre, ci sarebbe una coerenza delle politiche interne. Meccanismi più rigorosi per il controllo delle armi probabilmente inciderebbero sul traffico delle armi da fuoco e sulla difformità delle stesse dal mercato legale, A sua volta, la riduzione delle armi da fuoco illegali è una delle priorità dell’UE nella lotta contro il crimine organizzato nell’ambito della Piattaforma multidisciplinare europea di lotta alle minacce della criminalità (EMPACT) per il periodo 2022-2025.
Un più severo controllo delle armi a livello dell’UE contribuirebbe inoltre a sviluppare dei meccanismi per il controllo delle armi al passo con lo sviluppo tecnologico dei moderni sistemi d’arma, quali l’intelligenza artificiale e altri strumenti per la guerra cibernetica. Gli Stati membri sono maggiormente in grado di affrontare tali sfide in maniera congiunta anziché a livello individuale, con conseguenti risparmi di denaro e altri vantaggi.
Un serio ostacolo al rafforzamento del controllo delle armi da parte dell’UE risiede nel fatto che molti Stati membri producono materiali militari per l’esportazione molto simili e in concorrenza tra loro. Tre tipi di aerei da combattimento moderni prodotti nell’UE (Eurofighter Typhoon, Dassault Rafale e Saab JAS 39 Gripen), ad esempio, si faranno concorrenza sui mercati internazionali e dell’Unione. Lo stesso dicasi per i principali carri armati (Challenger 2, Leclerc, Leopard 2 e C1 Ariete) e molti altri importanti sistemi d’arma. Tale situazione potrebbe essere mitigata da un rafforzamento degli appalti pubblici per la difesa comune, come intende fare l’Agenzia europea per la Difesa. Affrontare entrambe le questioni probabilmente risulterebbe in una riduzione dei costi e di conseguenza in una minore dipendenza dalle esportazioni di materiali di armamento.
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In che modo il mutevole paesaggio della difesa europea ha accresciuto la necessità di un maggiore coinvolgimento a livello UE nelle esportazioni di armi?
Il paesaggio della difesa e della sicurezza è cambiato sia all’interno dell’UE sia a livello internazionale.
A livello dell’Unione, la cooperazione nel campo della sicurezza e della difesa è aumentata notevolmente con accantonamenti sostanziali di fondi destinati ai progetti europei. La sicurezza interna è sempre più legata a problemi relativi alla sicurezza esterna.
Le iniziative degli ultimi anni in questo settore, quali ad esempio la Cooperazione strutturata permanente (PESCO) e il Fondo europeo per la difesa (FED), contribuiscono alla cooperazione nel campo della sicurezza e della difesa degli Stati membri e alla cooperazione per lo sviluppo delle armi. Lo Strumento europeo per la pace ora rende possibile il finanziamento al fine di sostenere le esportazioni di armi nell’ambito di progetti guidati dall’UE. Ingenti finanziamenti sono anche devoluti a favore della ricerca militare dell’UE.
Questi sviluppi introducono una nuova dimensione europea e nuovi finanziamenti per la produzione di armi, che verosimilmente richiedono un pari rafforzamento dei controlli delle esportazioni di armi a livello dell’UE.
La difformità delle armi legali rispetto al commercio illegale potrebbe anche alimentare minacce per la sicurezza identificate nella Strategia dell’UE per l’Unione della sicurezza, quali ad esempio il crimine organizzato e il terrorismo.
La coerenza delle politiche all’interno dell’UE è importante affinché l’Unione sia un attore credibile.
A livello internazionale, l’UE affronta una sempre maggiore concorrenza in termini di credibilità quale attore internazionale. Il controllo delle armi è determinante per mostrare che l’UE sostiene i propri valori.
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Quali cambiamenti richiede il gruppo dei Verdi/ALE per migliorare il controllo delle esportazioni di armi?
Chiediamo un meccanismo di controllo delle esportazioni di armi rigoroso, trasparente e omogeneo a livello dell’UE.
Chiediamo più trasparenza e una maggiore responsabilità democratica nei regimi di esportazione delle armi, coerenza nelle decisioni riguardanti le esportazioni di armi tra Stati membri dell’UE e una implementazione più rigorosa degli otto criteri della Posizione comune dell’UE.
Proponiamo un Regolamento UE. Suggeriamo che gli otto criteri della Posizione comune dell’UE fungano da base per tale Regolamento, a cui dovrà essere aggiunto il criterio relativo alla corruzione. Il vantaggio di un Regolamento (rispetto a una Posizione comune) risiede nel fatto che la Commissione avrebbe il dovere di controllare il rispetto delle procedure descritte nel Regolamento e, in ultima analisi, di adire alla Corte di Giustizia dell’Unione europea qualora i suoi principi venissero violati.
Il Regolamento non aspira alla creazione di un processo decisionale a livello dell’UE in merito alle licenze di esportazione di armi rilasciate dai singoli Stati membri (approssimativamente 30.000 licenze nel 2020). Invece si propone di creare un organismo comune per la valutazione del rischio a livello dell’UE che abbia un elenco aggiornato periodicamente dei Paesi terzi verso i quali le esportazioni di armi potrebbero costituire un problema, unitamente a una valutazione del rischio per tali Paesi. Qualora uno Stato membro decida di esportare determinate armi verso una destinazione che non ha ottenuto l’approvazione dall’organismo comune per la valutazione del rischio, dovrà giustificare la propria decisione. In questo modo si aumenterebbe la coerenza delle decisioni sulle esportazioni prese dai diversi Stati membri e si garantirebbe che chi valuta il possibile rischio derivante dalle esportazioni di armi non sia lo stesso soggetto che trae profitto da tali esportazioni, come attualmente avviene in molti Stati membri.
Un Regolamento UE aumenterebbe anche la trasparenza rendendo disponibili al pubblico le informazioni sulle esportazioni di armi da parte degli Stati membri, ivi comprese quelle sulle esportazioni effettive, quantità, tipo e nome del prodotto, e la raccomandazione dell’organismo comune di valutazione del rischio.
Rendendo la Posizione comune dell’UE giuridicamente vincolante, si migliorerebbe anche la responsabilità. Un Regolamento UE fornirebbe uno strumento giuridico alla CGCE, anche per quei casi in cui gli Stati membri giustificano le esportazioni di armi con motivi di sicurezza nazionale alquanto opinabili. Inoltre, un Regolamento fornirebbe modi per sanzionare gli Stati membri dell’UE che agiscono contrariamente alle raccomandazioni dell’organismo comune per la valutazione del rischio, negando loro l’accesso ai sussidi del Fondo europeo per la difesa o ad altri fondi UE destinati al settore della difesa.
Riteniamo che un meccanismo di controllo delle esportazioni di armi più efficace a livello dell’UE renderebbe l’Unione un attore più trasparente, più etico e più responsabile in questo mondo. Contribuirebbe a garantire che le armi fabbricate nell’UE non finiscano nelle mani di dittatori e non siano usate per commettere gravi violazioni dei diritti umani. Infine, aumenterebbe la sicurezza globale.
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Perché dobbiamo cambiare il sistema ora?
Al momento, i principi sanciti nella Posizione comune dell’UE non vengono adeguatamente applicati. Le armi vengono vendute a Paesi dove i diritti umani vengono spesso calpestati e sono teatro di incessanti conflitti. Questa mancanza di coerenza mette a repentaglio l’impegno dell’UE a favore della pace, dei diritti umani e gli stessi valori europei nonché la credibilità dell’UE quale attore nel campo della politica estera.
Un migliore controllo delle armi europee diminuirebbe anche la burocrazia di basso livello delle vendite europee, indirizzandosi al tempo stesso verso le vendite più problematiche e le esportazioni. Così facendo si rafforzerebbe il mercato interno e il settore della difesa europeo.
Sono anche in crescita le eventuali implicazioni negative sulla sicurezza del commercio europeo di armi nella stessa Europa, quali ad esempio la creazione di instabilità nei Paesi limitrofi. Il commercio illegale, la criminalità organizzata e il terrorismo sono preoccupazioni che un sistema per il controllo delle esportazioni di armi ben funzionante può contribuire ad attenuare. Queste preoccupazioni diventano sempre più evidenti con la crescita del commercio di armi al di fuori dell’Europa verso Paesi meno stabili.
Occorre agire ora per garantire la competitività e l’adattamento dell’Europa a un ambiente di sicurezza più impegnativo. Nella sua essenza, un controllo delle armi più rigoroso da parte dell’UE consiste in pratiche e processi congiunti atti a sostenere la sicurezza europea, il nostro mercato interno e la nostra capacità di essere un attore credibile grazie a un’azione uniforme.
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Come possiamo impedire che il processo decisionale a livello UE sulle esportazioni di armi indebolisca le regole rigorose adottate da alcuni Stati membri?
Un Regolamento UE sul controllo delle esportazioni di armi obbligherebbe gli Stati membri a mantenere degli standard minimi, consentendo allo stesso tempo regole nazionali più severe. Lo stesso meccanismo è ampiamente usato in situazioni analoghe.
[1] A seconda della legislazione dello Stato membro interessato, una certa supervisione legale può verificarsi dato che la Posizione comune dell’UE è un obbligo di legge. In un “test case” nel Regno Unito, la Corte ha statuito l’illegalità delle vendite di armi del Regno Unito all'Arabia Saudita.
[2] Le complicanze dei meccanismi di esportazione vengono spesso riscontrate in errori di registrazione. Nel 2015, Der Spiegel riportava che la Germania aveva interrotto le esportazioni di armi verso l'Arabia Saudita. Ma, in effetti, il commercio di armi proseguiva nonostante i controlli delle esportazioni fossero stati apparentemente rafforzati.