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Adesso l’Europa, adesso gli Eurobond

Ska Keller, Presidente del Gruppo dei Verdi
Sven Giegold, Eurodeputato dei Verdi tedeschi
Bas Eickhout, Eurodeputato di GroenLinks
Ernest Urtasun, Eurodeputato di En Comú Podem

 

Negli ultimi giorni, siamo stati testimoni di un'inspiegabile paralisi europea di fronte all'emergenza COVID-19. Abbiamo dovuto attendere troppo tempo prima di vedere i pazienti trasportati oltre frontiera per essere curati nei Paesi confinanti o la circolazione dei materiali da un Paese all'altro. Fortunatamente, sembra che la solidarietà in Europa cresca di giorno in giorno e finalmente stiamo reagendo sul fronte sanitario.

Tuttavia, adesso si apre un nuovo dibattito cruciale: quale risposta condivisa daremo alla fortissima recessione economica che il continente dovrà affrontare dopo questi mesi di stasi economica e industriale? Finora, sono state annunciate due misure importanti: innanzitutto lo sblocco da parte della Commissione europea dei fondi strutturali inutilizzati, che potrebbe mobilitare fino a 37 miliardi di euro. In secondo luogo, il nuovo programma di acquisto dei bond dalla Banca centrale europea, per un valore di 750 miliardi di euro. Sono entrambe misure importanti che indicano come le istituzioni Europee stiano effettivamente agendo con agilità e rapidità.

La Commissione ha inoltre proposto il nuovo programma "SURE" per sostenere i costi della disoccupazione temporanea attraverso prestiti, che deve ancora essere approvato.

Tuttavia, non possiamo dire la stessa cosa del Consiglio europeo. Dopo il fallimento di due incontri dell'Eurogruppo, il 26 marzo il Consiglio europeo ha portato a risultati a dir poco confusi. I nostri governi ci comunicano un tale senso di paralisi e disaccordo che qualcuno ha già iniziato a chiedersi se sia il progetto europeo stesso a essere a rischio. Oggi l'Europa è al centro della pandemia, e siamo in ritardo sul fronte della risposta economica a livello globale.

In realtà, il collasso dell'economia europea richiederà un programma di ricostruzione che non ha nessun precedente nella nostra storia recente. Pensare che un investimento di tale entità possa essere generato solo con il debito pubblico e il supporto della BCE è del tutto illusorio, un percorso pieno di rischi, che è anche carente dal punto di vista democratico ed economicamente opinabile. Ecco perché riteniamo che oggi sia essenziale il salto verso uno strumento di debito condiviso, mirato a mobilitare congiuntamente le risorse al fine di poter mettere in atto un autentico piano di ricostruzione europea. Solo tramite azioni condivise potremo mobilitare una quantità sufficiente di risorse. Questa questione deve inoltre andare di pari passo con strumenti condivisi per la gestione della spesa, e con un maggiore controllo di questo strumento da parte del Parlamento europeo.

L'emissione di titoli obbligazionari condivisi non è attualmente un gesto di solidarietà tra alcuni Paesi, ma un passo essenziale se vogliamo impedire che il mercato interno e l'Euro entrino in una spirale critica, con ripercussioni per tutti i Paesi dell'Unione. È nell'interesse dell'intera eurozona minimizzare la depressione economica indotta dalla lotta contro il virus e non esiste alcun "azzardo morale" che possa essere proficuo: lo shock è simmetrico e si ripercuoterà su tutti allo stesso modo. L'argomento dell'"azzardo morale" è ancora meno accettabile se consideriamo che la Germania è stata la principale beneficiaria dell'implementazione della moneta unica negli ultimi anni, e che i Paesi Bassi mantengono regimi fiscali che pregiudicano il reddito degli altri Stati membri.

Ora è anche il momento di pensare al fallimento dei piani di salvataggio avvenuti in passato. Offrire a Paesi come Spagna o Italia un programma di salvataggio con il Meccanismo europeo di stabilità, con condizioni di ancor maggiore austerità, è profondamente miope ed è un atteggiamento che l'opinione pubblica dei Paesi più colpiti riterrà umiliante in uno dei momenti più critici della storia. Fare ricorso a un programma del MES adesso sarebbe come se nel 2005 il governo statunitense avesse deciso di gravare la crescita della Louisiana per anni con l'intero debito generato per la ricostruzione dopo l'uragano Katrina. Davanti a una proposta del genere, ci si potrebbe aspettare una crescita inarrestabile della disaffezione dei confronti del progetto europeo. Anche una linea di credito incondizionata nell'ambito del MES, come qualcuno dell'Eurogruppo vorrebbe suggerire, sarebbe chiaramente insufficiente.

Ora è il momento dell'Europa. Jacques Delors, in una recente intervista, ci aveva messo in guardia sul ritorno del nazionalismo all'interno del Consiglio europeo. Noi europeisti dobbiamo reagire. È il momento di una risposta europea su tutti i fronti: su quello sanitario, con la fornitura di supporto materiale e assistenza ai Paesi quando i loro sistemi sanitari risultano saturati (oltre a unire le forze nel coordinamento e nella direzione della ricerca scientifica) e sul fronte economico, creando meccanismi di ricostruzione finanziaria veramente europei come gli Eurobond.

L'ultimo Consiglio europeo ha affidato all'Eurogruppo la valutazione delle diverse opzioni. Dei 19 Paesi dell'eurozona, più di 8 hanno già espresso la propria approvazione a favore dello strumento. In questo momento critico, vorremmo fare appello agli Europei affinché si possa raggiungere questo obiettivo, superando la resistenza che alcuni Paesi stanno ancora mostrando. L'Europa deve dimostrare di essere all'altezza del compito e di essere in grado di reagire con coraggio e ambizione. In gioco c’è il futuro.

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